Odori, profumi, aromi e sapori… Quante volte ci riportano con la mente in luoghi lontani, passati recenti o remoti, in desideri futuri? E poi capita di perdersi in un mare di ricordi, sentimenti, emozioni e sensazioni; di cominciare a immaginare trovandoci in un labirinto di fantasie dal quale nessuno vorrebbe più uscire. Perché allora non condividere tutto? L’idea è quella del “viaggio attraverso i sapori!”, ossia attraverso un ingrediente o la ricetta di un dolce riscoprire il luogo della sua origine, indagare sulla sua storia fino ad inventarne una nuova. Così la passione per il viaggio e per il racconto, si mescola agli elementi della buona cucina. Sei una buona forchetta e hai la valigia sempre pronta? Vieni e confrontati con le nostre idee!

lunedì 12 novembre 2012

Come funziona la mente di uno scrittore

INGREDIENTI:
  • Strasburgo, ponte sul Reno;
  • Angélie, scrittrice esordiente;
  • Grammofono;
  • Sensazioni.


-Come funziona la mente di uno scrittore? Ogni cosa parte da una sensazione. Cos’è una sensazione? Se pura, è un riflesso incondizionato.
Angélie tentava di ricordare le parole del suo professore di scrittura creativa. 
Era studentessa di letteratura all’Università di Strasburgo:
-Un riflesso incondizionato è generato da un’immagine, un suono, un profumo, un sapore… qualcosa che impercettibilmente, senza volerlo, libera il subconscio dalla prigione della ragione. Non intendo fare riferimenti freudiani alla sfera sessuale, mi riferisco piuttosto ai ricordi, ai sentimenti: quella quantità di elementi intangibili che la nostra mente chiude in piccoli cassetti di legno cesellato, perché inutilizzabili per la vita pratica di ogni giorno. Mi spiego meglio: Che se ne fa un avvocato del ricordo  dell’ansia per il giorno della sua prima comunione? Eppure mostrategli della stoffa bianca, fategli ascoltare contemporaneamente il suono delle campane di una chiesa e probabilmente si genererà in lui un riflesso incondizionato. Forse sorriderà  pensando a quanto fosse ridicolo da bambino, perché la sua mente avrà prodotto una sensazione.
Angélie voleva scrivere un libro. Era il suo sogno fin dal momento in cui aveva poggiato per la prima volta una penna sul foglio bianco di un quaderno. Ogni volta che si ritrovava davanti un foglio a righi o a quadretti, percepiva il bisogno di riempirlo con la sua fantasia, come se fosse un universo da ricreare, come se con la sua penna si generasse un nuovo Big-bang. Così prendeva a disegnare linee sinuose riempiendole di fiori e foglie, poi ci scriveva a fianco delle frasi, le quali terminavano quasi sempre con dei puntini sospensivi.
Scrivere era la sua passione. 
Persino l’odore dell’inchiostro la faceva impazzire, ma tutte le volte che si era cimentata nella scrittura di un romanzo non era mai riuscita a completarlo.
-Scrivere è difficile. Che nessuno si iscriva a questo corso pensando di poterlo passare con facilità. Uno scrittore è una persona coraggiosa: lascia trasparire le sue emozioni pubblicamente. Scruta ogni singolo ricordo, sentimento o sensazione. Lascia che la penna gli graffi il cuore e la mente; che la sua punta di ferro gratti via la patina della routine e gli faccia scoprire cose di sé che diversamente non avrebbe mai potuto comprendere. Per questo ci vuole coraggio: quando si scrive, in qualche modo si parla di sé.
Angélie aveva fatto tesoro di quegli insegnamenti, per questo quel giorno aveva deciso: avrebbe cominciato il suo romanzo. 
Si trovava nel centro di Strasburgo, affacciata alla ringhiera di uno dei ponti che collegava le due sponde del Reno. Erano le cinque del pomeriggio di un giovedì del mese di Novembre, il fiume scorreva veloce, le persone camminavano rapidamente;
alcuni bambini piagnucolavano per non aver ricevuto dalle loro madri i dolcetti che avevano richiesto.
Angélie chiuse gli occhi e si concentrò su quei suoni, qualcosa in lei si stava generando. Poi li riaprì quel tanto che era necessario a camminare per avvicinarsi a una panetteria e sentire il profumo delle baguettes calde, e dei dolci freschi di forno.
Richiuse di nuovo gli occhi. Una musica si stava producendo nei suoi orecchi: “no rien de rien, no je ne regrette rien…”, era la canzone preferita di sua madre. Era una grande ammiratrice della Piaf, Edith Piaf. Ma da dove arrivava quella musica?
Il suono non era quello limpido prodotto dalle moderne apparecchiature: era graffiato, incostante e dispersivo. Sembrava uscire da uno di quei vecchi grammofoni. Aprì gli occhi e lo vide: da una delle case in stile alsaziano, al primo piano, si affacciava dalla finestra la tromba d’ottone di un grammofono. Il volume era al massimo ma nonostante questo, non si potevano coprire le grida prodotte nel salotto di quella casa.
-Perché mi dici questo?
-Sei una donnaccia!
Poi improvvisamente si scansò perché una di quelle auto dal muso lungo, stile anni venti la stava per investire. Si guardò intorno: non era nella Strasburgo dei suoi anni. 
Su un marciapiede un ragazzo, venditore di quotidiani, gridava forte l’imminente scoppio di una guerra. Dall’altro, uomini vestiti elegantemente con lunghi cappotti neri, un cilindro e un bastone si dirigevano in un locale dove allegre signorine, ballavano accompagnate dalla musica di un pianoforte, reggendo in una mano una coppa di champagne e nell’altra una sigaretta.
Poi fu tutto in un attimo:
-Vado via!
Strillò forte la donna che abitava la casa col grammofono. E il grido fu tale da far trasalire Angélie.
Si guardò nuovamente intorno intontita. L’atmosfera di poco prima era svanita per far spazio alla più devastante modernità. Tornò l’immagine del fiume, il profumo della panetteria e il suono dei bambini piagnucoloni.
Angélie si sentiva confusa. Poi comprese: quello che aveva avuto era un riflesso incondizionato.
Tornò a casa dopo aver comprato un quaderno nuovo, prese la sua penna migliore e cominciò a scrivere:
“Strasburgo inizio anni quaranta. Era imminente la seconda guerra mondiale, un grande amore stava per terminare…” 

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