INGREDIENTI:
- Kilkenny, Irlanda;
- Olivia;
- Fuga;
- Cartolina.
Da quando si erano trasferiti in Irlanda tre anni prima
non era più successo.
Olivia pensava che si sarebbe liberata per sempre del suo
passato, proponendo a suo marito di trasferirsi da Londra a
Kilkenny, una cittadina nel sud dell’Irlanda.
Ma il passato non è una valigia che puoi chiudere e
abbandonare in una soffitta; è un bagaglio di quelli che involontariamente
porti sempre con te e in alcuni casi che addirittura ti perseguita.
Mancava circa una settimana al giorno di Natale, quando
in una mattina fredda e annuvolata, il postino bussò forte alla porta di casa
Mc Pharlan.
Erano circa le otto e mezzo del mattino.
Harry, il marito
di Olivia, era già uscito da circa un’ora.
Lei era sola in casa, quando andò ad aprire la porta.
-Buon giorno signora…mmm... ah si, signora Mc Pharlan!
-Buon giorno, devo firmare qualcosa?
-No è semplicemente una cartolina. Tenga.
Olivia, ricevette la posta e tenendola stretta in mano, rientrò in casa richiudendo la porta. Guardò la foto sul lato
superiore della cartolina: la torre del Big-Bang spiccava quale unica immagine
a colori in uno sfondo in bianco e nero.
Arrivava da Londra, e la cosa che la inquietò molto.
Prima di leggere il messaggio sul retro, volle mettersi
comoda. Per fortuna aveva già fatto la doccia ed era vestita, in caso
d’emergenza avrebbe potuto uscire rapidamente di casa, così si adagiò sulla poltrona
di fronte al camino del suo salotto.
Aveva una morsa allo stomaco, e tutto ciò che si ripeteva
in mente erano le parole “non posso crederci, non posso crederci”. Cominciò a
sudare freddo.
Sarebbe volentieri scappata via di casa senza leggere il
messaggio della cartolina, ma dopotutto poteva anche esserci un errore di ricezione.
Si fece coraggio e mordendosi il labbro inferiore per l’ansia
voltò la cartolina e cominciò a leggere: “Quando ti arriverà il nostro messaggio,
saremo già in Irlanda da circa una settimana. Sei pronta? Vogliamo venire da
te…”.
-No! NO! Non può essere non ancora!
Olivia corse per casa a chiudere le tende di tutte le
finestre, poi spense le luci dell'albero di Natale. Temeva potessero già essere lì, e che la stessero spiando, voleva dare l'impressione di non essere in casa. Corse così
rapidamente per le stanze da avere il fiatone, poi si avvicinò alla porta d'ingresso e si
schiacciò con le spalle contro di essa, come se qualcuno facesse forza
dall’esterno per entrare.
Stava avendo un comportamento irrazionale.
Doveva
calmarsi, riflettere, e invece non faceva nulla di tutto questo.
L'ansia le scorreva rapida nelle vene.
Provò ad immaginare un piano di fuga, ma il pensiero che l'aspettassero fuori casa aumentò esponenzialmente il suo stato di confusione.
Non sapeva cosa fare. Pensò che se avesse perso tempo a
chiamare suo marito sul cellulare probabilmente ne avrebbe fatto guadagnare ai suoi persecutori.
Fuori la porta sentì
una macchina frenare, fare manovra e parcheggiare.
“E’ la fine. Sono arrivati!”.
Istintivamente si nascose in bagno e richiuse la porta, come se poi servisse a
qualcosa. Aspettò più di un quarto d’ora rannicchiata come una bambina tra la
colonna del lavandino e il water del bagno.
Aveva paura, non sapeva davvero che fare.
Il terrore la immobilizzava e schiacciava a terra come se
il suo di dietro fosse un fardello di cemento. Ma poi si fece coraggio.
Continuava a sudare freddo per tutta la pressione psicologica che stava
sostenendo, ma gattonando arrivò lentamente all’ingresso di casa: da uno dei
cassetti della credenza posta nel corridoio, tirò fuori una penna e un foglio
di carta: “Amore mi dispiace… Non posso restare”.
Scriveva e
piangeva.
Avendo chiuso tutte le tende di casa non c’era luce e così
dovette sforzare molto la vista per scrivere in maniera leggibile giacché per di più la
mano le tremava come una foglia al vento.
Poi si alzò camminando con le spalle schiacciate alle
pareti di casa, lentamente per non provocare il minimo rumore.
Arrivò sino in cucina nei pressi del frigorifero.
Lì
c’erano delle calamite con le quali appese il suo laconico biglietto insieme
alla cartolina arrivata da Londra, in modo che fossero subito visibili a colpo d'occhio.
Poi senza neanche prendere le chiavi di
casa, uscì sbattendo la porta, si mise in macchina e sfrecciò via senza una
destinazione.
Forse avrebbe fatto in tempo a salvarsi.
Dopo circa cinque ore, suo marito tornò da lavoro.
Trovò tutte le tende tirate sulle finestre. A quell’ora
la casa era praticamente al buio, fuori faceva mal tempo. Harry entrò in cucina
e accese la luce per capire cosa stesse accadendo e perché sua moglie non
avesse avvisato del fatto che usciva. Poi notò il biglietto appeso sul frigo:
“Amore mi dispiace, non posso restare” lesse ad alta voce e si spaventò, e poi
prese anche la cartolina. Guardò subito ciò che c’era scritto: “Quando leggerai
il nostro messaggio, saremo già in Irlanda da circa una settimana. Sei pronta?
Vogliamo venire da te per Natale! Ti vogliamo bene! Non vediamo l’ora di
abbracciarti! Firmato: i tuoi genitori”
-Cazzo i miei suoceri!!!- esclamò Harry e senza neanche
prendere le chiavi di casa, fuggì via con l’auto sperando che non fosse troppo
tardi per farlo.
Che volete farci: non a tutti piace passare il Natale in famiglia.
Il Turista Goloso
(Sfida di Silvia Di Palo)