Ingredienti:
- Legden: un paesino della Germania occidentale;
- Gruppo di amici;
- Incidente;
- Un aiuto dall'aldilà.
Ricordo bene
quella notte.
Eravamo al DerKaiserschmarren
Pub. Ci incontravamo lì tutti i venerdì per una birra.
Legden è un
paesino piccolo e freddo della Germania occidentale. Ci abito da quando sono
nato e conosco tutti i ragazzi che vivono qui. Sono amico di tutti.
Quel venerdì
stavamo festeggiando il compleanno di Sveva, aveva compiuto 25 anni, mi piaceva
da morire.
-Alla nostra
regina Sveva. Madre spirituale dei vichinghi, ubriaconi come noi!!!
Alexander era
il mio migliore amico, gli piaceva bere a ogni occasione possibile, per lui era
quello il miglior modo per festeggiare.
Ricordo che
quella sera ero così ubriaco che tentai di baciare Sveva e lei mi allontanò con
uno schiaffo.
-Non è così
che si fa- mi disse tra le lacrime. Avevo sprecato una buona occasione.
I miei amici
tornarono a casa in auto, ma io non volli andare con loro. Decisi di andare a
piedi.
Avevamo
bevuto molto e non era prudente mettersi alla guida. Chiesi ad Alexander di
lasciare la macchina dov’era e di venire a casa con me, ma lui non mi diede
ascolto.
A Legden non
succedeva mai nulla, ero sicuro che se fossi svenuto per strada non mi
avrebbero fatto niente e al mattino mi sarei svegliato e sarei tornato a casa a
dormire.
Ero stanco,
gli occhi mi pesavano e non riuscivo a distinguere bene le figure tra il dolore
che sentivo alla testa, la nebbia fredda del mese di novembre e le poche luci
notturne accese in paese.
Avrei dovuto
camminare per poco più di un kilometro, tentavo di farlo appoggiandomi al muro.
Mettere un
passo davanti all’altro era più difficile di quanto avessi creduto.
Casa mia era
nei pressi di una piccola fontana costruita negli anni cinquanta, era il punto di
riferimento del paese, c’erano statue di bambini posizionate intorno.
In quel punto
della cittadina non era possibile circolare in auto.
Ecco perché tutto mi parve
così strano…
Ero quasi
arrivato a casa, quando all’improvviso sentì una macchina correre
all’impazzata. Non la vedevo, avvertivo la sua vicinanza dal rumore
dell’accelerazione ed ero paralizzato dalla paura.
Mi schiacciai
contro il muro sul quale ero appoggiato.
Sentii una
bambina urlare. Il suo grido era stridulo e prolungato.
Poi vidi
delle luci venirmi incontro: erano i fari dell’auto.
“Dio mio!”
pensai. Non avevo chance, ci avrei lasciato la pelle.
E subito dopo
come un’ombra nera davanti ai fari, distinsi quello che doveva essere il corpo
di una bambina che era ferma a circa cinque metri da me.Potei vedere i suoi
occhi sgranati dalla paura e nel giro di un istante accadde tutto: la macchina
la travolse in un testa coda attuato nel tentativo di frenarsi.
Ero
terrorizzato, tramortito. I miei sensi prima sopiti dall’alcool adesso si erano
risvegliati tutti.
Vidi qualcuno
scendere dall’auto risalirci e scappare via.
Il cuore mi batteva come se avessi corso per chilometri, ma il peggio fu
l’immagine che avevo davanti a me: la bambina era a terra e mi tendeva la mano
chiudendo e riaprendo le dita come a chiedermi di avvicinarmi.
-Chi è? Cosa
devo fare?
La paura non
mi permetteva di razionalizzare. Poi mi feci coraggio e mi avvicinai a lei.
-Come ti
chiami?- le chiesi ma lei rispose chiamando il suo papà.
-Ascoltami andrà
tutto bene te lo prometto.
Non sapevo
cosa fare. L’ospedale più vicino era a un’ora di distanza, cercavo il mio
cellulare… non lo trovavo, gridavo, ma improvvisamente mi resi conto di non
essere dove credevo.
Ero
sull’autostrada fuori città.
-Cosa ci
faccio qui?
-Ti prego
aiutami
Gridai aiuto
con tutte le mie forze, ma eravamo solo io e lei nel nulla della notte. Nessuno
mi avrebbe sentito.
-Aspettami
qui! Vado a cercare aiuto
-Per piacere-
mi disse tra le lacrime e singhiozzando- non te ne andare ho paura!
-Devo cercare
soccorso!
-No ti prego!
Mi strinse
forte la mano per impedire che me ne andassi. Ricordo ancora quella stretta che
si faceva sempre più debole, più debole, ancora più lieve finché la mano cadde
e io capii che era morta.
Mi si
riempirono gli occhi di lacrime, ma proprio mentre ero sul punto di scoppiare a
piangere quella bambina scomparì in una nuvola di fumo, confondendosi nella
nebbia che mi circondava.
Non capivo: chiusi
gli occhi e cominciai a pregare istintivamente, non lo facevo da quando ero
bambino.
Poi trovai il
coraggio di riaprirli, e quando lo feci, ero schiacciato sullo stesso muro sul
quale mi stavo appoggiando poco prima sulla strada verso casa. Di lì a dieci
metri c’era la fontana con i bambini, la nebbia si stava lentamente diradando e
potevo distinguerne i soggetti. Avevo ancora gli occhi bagnati di lacrime. Una
sensazione di umidità e calore tra le gambe mi fece capire che non avevo saputo
trattenermi.
Poi la vidi.
Stava accarezzando i capelli di uno dei bambini della fontana. Si avvicinò a me
a passo normale.
Pensai che
fosse troppo! Le lacrime già non bastavano cominciai a singhiozzare.
-Chi sei?-
gridai forte sperando di darmi un coraggio che non riuscivo più a trovare.
La bambina di
qualche istante prima si stava avvicinando a me e mi sorrideva. Tentai di scappare,
ma mi sentivo pesantissimo, sudavo freddo e piangevo come un ragazzino. Il
complesso di paura, stupore e ubriachezza stava per farmi perdere i sensi,
quando la bambina giunse su di me e mi baciò la guancia.
Quel gesto mi
tranquillizzò.
-Se tu fossi
stato con me quel giorno non avrei avuto così tanta paura nell’ora della mia
morte. Sono Sarah, ho dodici anni e quella sera stavo solo cercando il mio cane
che era scappato di casa. I miei genitori erano a casa di amici per la cena, e
io decisi di andare a cercarlo. Non sapevo fosse tanto pericoloso questo posto.
Poi è successo tutto così in fretta. Il sangue continuava a scorrere dalla
testa, gridai per un paio di volte, ma
nessuno poté sentirmi. Il dolore acuto che avevo alla testa si diffuse presto in
tutto il corpo. Morire da una sensazione stranissima. Senti scivolare via da te
qualcosa a cominciare dai piedi, poi dalle gambe, dalla pancia, dalle spalle e
quando arriva alla testa puoi già vedere il tuo corpo morto.
-Ascoltami!
Per me non ci sono più speranze, ma per i tuoi amici si! L’uomo che mi uccise,
si era messo ubriaco alla guida, anche i tuoi amici lo hanno fatto e stanotte si
sono schiantati contro un muro. Tre sono svenuti e uno è in gravissime
condizioni. Sta perdendo molto sangue, chiama un’ambulanza e non ce la faranno!
Questo è l’indirizzo a cui devi mandarla…
E mi diede un
indirizzò che si stampò preciso nella mia memoria.
-Non posso ho
paura!- dissi tra le lacrime, ma lei mi guardò con occhi di fuoco e disse:
-Ho detto
chiamala!
Mi alzai per
lo spavento e scappai verso casa.
Quando entrai
a casa la prima cosa che feci fu chiamare l’ambulanza che trasse in salvo i
miei amici.
Sopravvissero
tutti. Beh uno di loro con una grossa cicatrice sulla fronte, ma è vivo
fortunatamente.
Quando mi
chiesero come avessi saputo dell’incidente dato che non ero con loro,
semplicemente dissi che l’avevo sognato. Avevo paura non credessero alle mie
parole.
Oggi sono
qui, di fronte alla tua tomba cara Sarah.
Non so perché
hai scelto di apparire a me, non so come queste cose siano possibili.
Eccoti i miei
fiori.
Non ti
ridaranno la vita che hai perduto, ma sai una cosa? Io e i miei amici non ci
ubriachiamo più da quella sera.Grazie di tutto.
Spero
di rivederti un giorno.